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CENTRO STUDI VALLE IMAGNA

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DALLA MONTAGNA ALLA CITTA'

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Itinerari di storia sociale ed economica tra memoria popolare e identità locali delle Orobie
Contributo: 50,00 €
Descrizione

Il riordino di una parte dell’Archivio fotografico di Emilio Moreschi, costituita da oltre seimila scatti depositati in copia presso il Centro Studi Valle Imagna, è stata l’occasione per ricostruire a ritroso un viaggio nella memoria popolare delle tradizioni di vita e di lavoro sulle Orobie, mettendo a fuoco i diversi contesti insediativi e produttivi segnati dalla presenza attiva di generazioni di valligiani e cittadini, tanto al monte quanto al piano, che hanno saputo modellare e umanizzare ambienti per natura difficili, spesso anche ostili, rendendoli docili e consoni alla residenza stabile delle famiglie.

Sono passati ormai già quattordici anni da quando il nostro sodalizio culturale ha pubblicato il volume Tradizioni e lavoro in montagna di Emilio Moreschi (Centro Studi Valle Imagna, 2008), con presentazione di Vito Sonzogni, esaurito ormai da tempo; ora, quando alcuni mesi orsono il nostro fotografo ci ha chiesto di considerare l’eventualità di una ristampa, ci siamo confrontati con una opzione, dalla quale è nata un’altra sfida: riproporre il precedente volume, ampliandone la tiratura, oppure pensare ad un altro e diverso prodotto?

Ci siamo subito orientati sulla seconda soluzione, decisamente più impegnativa, ma in grado di offrire nuovi stimoli di conoscenza. Non senza aver ripreso in mano il precedente volume, sfogliandolo attentamente, pagina dopo pagina, rimacerando la memoria di quegli scatti immersi nella storia, ci siamo lasciati coinvolgere da uno straordinario giacimento fotografico pregno di vita vera, esplicitata nella quotidianità di ambienti familiari, in grado di trasmettere emozioni e indiscutibili elementi di conoscenza. Vi abbiamo ritrovato mestieri estinti, luoghi dimenticati, ambienti non più esistenti o radicalmente trasformati e irriconoscibili, volti antichi, attività superate dall’incalzare della modernità, tracce evidenti di identità. Storie personali profondamente intrecciate e appartenenti alla vita stessa delle comunità. Uomini e donne formano un tutt’uno con il loro ambiente, che ha modellato persino alcuni tratti fisionomici: volti che riflettono specifiche professioni, abiti indici di distinte attività economiche, comportamenti e sguardi rivelatori di particolari contesti umani.

Attraverso una prima indicizzazione delle fotografie, la maggior parte delle quali risalenti agli anni Settanta del secolo scorso, è stato possibile individuare almeno otto capitoli della nuova struttura narrativa che vede la luce in questo libro, esplicitando gli interessi di ricerca e il campo d’indagine del nostro fotografo; essi costituiscono altrettante tappe di un insolito percorso nel tempo, in grado di mettere a fuoco attività e passioni che hanno caratterizzato gli ambienti umani, dall’alpe al bosco, dal campo al prato, dalle architetture alle contrade, dalle stalle ai laboratori artigianali, dal lavoro alla festa, dalle case alle chiese.

Otto capitoli per rappresentare altrettante tappe di un itinerario concreto nella storia sociale ed economica delle Orobie, ciascuno dei quali è preceduto da un testo introduttivo utile per facilitare la lettura delle immagini e offrire al lettore importanti chiavi di accesso: tali contributi letterari implementano il racconto fotografico, lo arricchiscono di diversi punti di vista e delle esperienze personali degli interpreti. Otto testi narrativi declinati nei significati e nei valori degli ambienti fotografati e ben intrecciatri nel suggestivo racconto per immagini di Emilio Moreschi, non privi di contenuti scientifici e di emozioni.

Abbiamo voluto proporre un itinerario costruito sulla direttrice che conduce dalla montagna alla città. Un viaggio in discesa, dalle quote alte verso le aree pedemontane e cittadine, con le quali i montanari, anche nel passato, hanno sviluppato preziose interazioni. Reciproche influenze determinate dal movimento stagionale dei bergamini, dal costante servizio di trasporto dei carrettieri, dall’opera incessante di carbonai e boscaioli per l’approvvigionamento di carbone e legna per i forni e le stufe della città, da contadini e commercianti ambulanti che scendevano regolarmente alla Fiera di Sant’Alessandro con i loro prodotti. Dalle estese praterie montane, distribuite sui crinali e altopiani delle Orobie, popolate da mandrie di vacche, greggi di pecore e famiglie di alpeggiatori, sino alle viuzze cittadine che, da Piazza Vecchia, nel cuore della città antica sul colle, si dipanano nei dintorni, raggiungendo borghi popolari e ville patrizie della nobiltà di un tempo.

Durante questo viaggio si attraversano contrade e villaggi rurali, si incontrano gruppi di boscaioli addestrati nell’uso dell’ascia, artigiani impegnati in molteplici attività di servizio, muratori intenti ad ampliare e ristrutturare stalle e case, generose massaie assai determinate nella gestione dell’economia familiare, ma anche luoghi di culto e osterie, spazi di comunità, ambienti fortemente antropizzati, nobilitati da una grande fede e dall’incessante lavorìo di generazioni di valligiani, che hanno profondamente voluto, vissuto e amato piccoli lembi di terra dove costituire famiglie, case e stalle, contrade, paesi.

La rappresentazione fotografica, se da un lato illustra i diversi aspetti di cultura materiale incontrati durante il percorso, dall’altro diventa il paradigma della fine della civiltà contadina, della vittoria del modello cittadino su quello rurale, del passaggio definitivo e irreversibile dall’antico mondo medioevale, cui fanno riferimento le organizzazioni sociali e parentali fissate in questi scatti, alla società moderna.  

Emilio Moreschi ha scattato gran parte delle fotografie proposte in questo volume mentre era già in atto la grande trasformazione della società rurale, quindi si è trovato dentro il cambiamento dei costumi, e probabilmente ne era anche consapevole, se con l’obiettivo della macchina fotografica ha avviato la ricerca di ambienti, attività, situazioni particolarmente significative dei contesti indagati: nel prato, accanto alla massaia intenta alla fienagione col rastrello impugnato tra le mani come un guerriero in armi, ha ritratto una giovane ragazza che la sta a guardare con i collant strappati; nel bosco, accanto alla tradizionale ascia, ha fatto la sua comparsa anche la motosega con motore a scoppio; nelle contrade gruppi di bambini indossano ancora ol bretì di lana confezionato dalla mamma e giocano a “mondo”; laboratori e botteghe artigianali, del maér e dello scarpulì, del flèr e del maringù, ravvivavano il tessuto economico delle antiche contrade. Ancora qualche anno e di tutto quel patrimonio non sarebbe rimasto più nulla.
In Valle Imagna non siamo stati capaci di porre sotto tutela, e quindi di salvaguardare e trasmettere ai posteri, nemmeno uno delle decine di magli, folli o mulini che animavano i nostri torrenti. Non diversamente è avvenuto nelle valli vicine.

L’abbandono della ruralità, declinata nelle sue molteplici rappresentazioni sociali ed economiche, si è diffusa a macchia d’olio, uniformemente e in tutte le direzioni cittadine e del circondario industriale ad intensa e concentrata urbanizzazione, provocando la fuga della popolazione dalla montagna alla città, l’abbandono di antichi mestieri, lo scadimento delle attività artigianali e di servizio a favore di quelle industriali e di produzione. Come una rivoluzione copernicana, la centralità si è improvvisamente ribaltata dalla montagna alla città, dalla periferia verso il centro, inducendo così una forte mobilità demografica mai vista prima e determinando estese sacche di marginalità socio-economica e culturale.

In molti casi la montagna si è trasformata in una sorta di “riserva” per gli irriducibili, oppure di grande contenitore di manodopera in attesa di essere diversamente occupata. Evidenti fenomeni di spaesamento hanno fatto seguito al venir meno delle tradizionali e solide relazioni sociali ed economiche della popolazione con il rispettivo territorio, sempre meno appartenente. In questo senso le fotografie di Emilio Moreschi, unite a quelle del drappello di pionieri della fotografia di reportage a Bergamo (Pepi Merisio, Alfonso Modonesi, Rinaldo Della Vite,…) costituiscono un preziosissimo patrimonio storico-culturale, un giacimento insostituibile di conoscenza e di identità.

Dalla montagna alla città è anche un viaggio di ritorno alle origini, al nostro “Mar dei Sargassi”, mentre ci accingiamo a risalire il solco tracciato dalla memoria, per recuperare comportamenti, valori e tradizioni che parevano perduti per sempre e di cui sentiamo la mancanza. Emilio Moreschi, col suo reportage fotografico di frontiera ci aiuta a ritrovare i fili della memoria per riconnettere il presente col passato, nei confronti del quale si era creata nella seconda metà del Novecento una frattura verticale che pareva insanabile. Riconsiderare la nostra esistenza nel presente, e quella della società attuale, in relazione al retroterra sociale e culturale che le hanno prodotte – ci riferiamo in concreto al mondo dei genitori e dei nonni, ma, più in generale, all’antico contesto rurale dal quale tutti noi proveniamo - diventa un indice distintivo di civiltà e condizione preordinata per pensare al futuro, alla qualità della vita e a nuovi progetti di progresso.

Il viaggio che ci siamo impegnati a compiere riflette anche una modalità di pensiero di tipo orizzontale, che nasce dall’osservazione diretta delle cose e ci consente di assaporare una visione più ampia ed esaustiva della realtà quotidiana di ambienti conosciuti, o che pensavamo di conoscere.
Questo punto di vista ci permette di collocare sullo stesso piano diverse espressioni della montagna orobica e della città di Bergamo connesse tra loro da relazioni di complementarietà. Una visione paritaria di circostanze e situazioni, associate e inserite in un’unica prospettiva di sviluppo, è utile per comprendere meglio le attività del passato sia nell’ambito di relazioni di contestualità, sia in funzione di ciò che le valli orobiche, ossia il contesto umano dove questo racconto si è snocciolato, sono diventate al giorno d’oggi. Il cambiamento appare a vista d’occhio e la fotografia ci racconta anche ciò che non si vede, nel momento in cui fissa sulla pellicola una specifica azione in un determinato periodo, storicizzandola.

Concludo questa breve dissertazione introduttiva con una chiosa.
A distanza ormai di oltre venti’anni, con questo libro riprende vigore la collana di Foto-impressioni ideata dal Centro Studi Valle Imagna. Avviata nel 2001 la collana comprende oggi ben sedici volumi di grande formato e ha sinora potuto contare sull’apporto di un comitato editoriale composto da prestigiosi professionisti dell’immagine: Pepi Merisio, Alfonso Modonesi e Alessandro Ubertazzi. Il caro Pepi è venuto a mancare il 3 febbraio 2021, ma ha partecipato alla fase preliminare di impostazione di questo volume e pertanto il suo nome compare ancora nel colophon editoriale. Il suo straordinario patrimonio fotografico è attualmente conservato e oggetto di studio presso l’Archivio Sestini - Archivio Fotografico delle Storie di Bergamo, intensamente voluto e ideato proprio da Emilio Moreschi, che ricopre attualmente anche la carica di Presidente del Museo delle Storie di Bergamo.

Sensibilità, competenze, capacità organizzative e disponibilità finanziarie hanno trovato nel progetto museale una straordinaria sintesi, dando vita alla preziosa fototeca. Alla fine tutto torna, gli elementi sono al loro posto e ci offrono una visione completa di quanto sta accadendo. Nulla è casuale e la città, una volta tanto, diventa scrigno dei tesori della montagna e delle aree rurali.

Pagine: 386
Luogo di edizione: SANT'OMOBONO TERME (BG)
Anno di edizione: 2022
Autore: EMILIO MORESCHI